Le Otto Contrade

Il territorio della contrada Casali comprende numerosi nuclei abitati: Amati, Annunziata, Camponi, Camputari, Massari, Perroni, Porti, Russi, Savigli, Starza e Visanti. In località Amati è presente la casa natale del fisico e vulcanologo Luigi Palmieri. La Chiesa Ave Gratia Plena, ubicata in via Annunziata, è la Chiesa Parrocchiale della frazione Casali. Nella chiesa si trovano le statue di San Vincenzo Ferreri e Sant’Antonio da Padova, rispettivamente patrono e co-patrono della contrada. In località Porti si trovano i resti dell’antica chiesa di San Martino, mentre in località Starza si trovano quelli della Chiesa di San Lorenzo, entrambe le chiese risalgono molto probabilmente al XII secolo e furono annesse nel 1446 alla Collegiata di S. Maria Assunta di Faicchio.


Caudara’ era il nome di un antico pontone, sorta di ovile dove venivano governati gli animali, situato nella selva grande dell’Università di Faicchio. Oggi la zona è detta Caldaie e comprende buona parte della Selva fino al torrente Titerno in località Odi e Madonna delle Grazie. In via Odi è ancora oggi visibile un criptoportico costituito da due corridoi sotterranei, conosciuti con il nome di Grutti; questi corridoi, disposti parallelamente l’uno all’altro, a una estremità formano una curva che li unisce. Sono lastricati e a volta, con intonaco alle pareti, e ricevono la luce attraverso piccoli vani. La loro lunghezza è di 80 m., la larghezza di 2 e l’altezza in uno di 2 e nell’altro di 3. I muri, i pilastri, gli archi e le volte sono di tufo nero compatto trachitico o vulcanico che si trova nella stessa campagna, sulla sponda destra del torrente Titerno. Il criptoportico, secondo gli studiosi, sarebbe stato adibito a contenere acqua, e poteva quindi rappresentare una piscina di epoca romana, o, come ultima ipotesi, un bagno pubblico, sempre risalente all’età romana.


Oggi detta Cortesano o Castelluccio, la contrada era parte dell’antico feudo di Marafi; da un antico manoscritto del 1446 risulta essere una delle 5 parrocchie incorporate alle rendite della Chiesa Matrice di Maria SS. Dell’Assunta con il nome di S.Andrea di Cortisano. Sulle pendici del Monte Acero si trovano i resti di un’Arce del IV secolo a.C. e mura megalitiche in opera poligonale, unici ruderi della rocca annoverata tra i maggiori esempi dell’architettura militare Sannita; le mura che si svolgono lungo un perimetro irregolare di circa 3 km., e alte mediamente 3,5mt., sono costituite da grossi blocchi poligonali tendenti al rettangolare, ricavati nel calcare stratificato del monte.        Un’antica leggenda medioevale racconta che sul Monte Acero avevano stabilito la loro residenza  un gruppo di fate e che queste, per approvvigionarsi di acqua dal sottostante Titerno, calassero un secchio legato a un filo di capello. La leggenda trae spunto dalla presenza di una grotta, detta ‘delle fate’, probabilmente un tempio sotterraneo del periodo sannita,  e da un tratturo, visibile sulle pendici del monte, che, complice una emanazione di gas sulfureo, risulta a tutt’oggi privo di vegetazione.


Nel Palio delle contrade Favicella rappresenta il centro storico del paese. Il nome Favicella deriva forse dal fatto che la terra era intensamente coltivata a fave o per la presenza di estesi boschi di fa. Nel 1187, mentre si preparava la terza crociata per la liberazione dei Luoghi Santi da parte di Guglielmo II d’Altavilla detto il Buono, il feudo di Favicella era tenuto a fornire al re due militi e quattro armigeri o scudieri: prima testimonianza scritta relativa alla terra di Faicchio. Una leggenda popolare tramanda che nella Cappella del castello si trovava un gran quadro raffigurante Santa Barbara che, dopo le pie funzioni religiose, si faceva baciare al condannato. Questi nell’accostarsi al quadro, poneva a sua insaputa i piedi su di una botola, nascosta nel pavimento, che si apriva e inghiottiva, irreparabilmente, il povero carcerato. Nel centro storico troneggia il Castello Ducale, di pianta trapezoidale, i cui lati sono uniti da tre torrioni. Il castello, restaurato nel 1612, così come si legge dall’iscrizione sul portale d’ingresso, dal nobile napoletano Gabriele De Martino, feudatario di Faicchio, è sicuramente più antico: molti studiosi ritengono infatti che la prima costruzione fu un’arce feudale, e che tale rimase fino a quando non divenne un castello rinascimentale. Notevole la ‘sala ad ombrello’, dal caratteristico soffitto simile a quello di Castel Nuovo in Napoli. Nei vicoli del borgo antico si possono ammirare numerosi palazzi storici nobiliari, abitazioni umili dell’epoca e le chiese di Santa Maria Assunta, San Giovanni Battista, Santa Lucia, S. Maria del Carmelo, San Rocco e i resti della caduta chiesa di San Giorgio.


Fontanavecchia è un caratteristico agglomerato di case che si arrampicano verso il monte Monaco di Gioia. Sotto il ponte da cui si accede all’attuale contrada, una grande fontana forniva l’acqua  agli abitanti della zona. La fontana era già vecchia quando i primi abitanti vi si insediarono: onde, il nome di Fontanavecchia che diedero al loro agglomerato di case. A riprova di quanto detto, nei pressi della Chiesa di S.Maria di Costantinopoli, sorta nel 1701, (“… altra chiesa fuori le mura che distava dal centro abitato unum miliare …” ) è visibile l’ingresso di un acquedotto ipogeo risalente intorno al III sec. A.C.. Noto come ‘acquedotto romano’ è ancora oggi percorribile per una lunghezza di circa 1160 metri, quantunque sia in disuso.  Dalla zona orientale della contrada, sulla strada per San Lorenzello, l’acquedotto  raggiungeva il centro di Faicchio dopo più di 1 km di percorso sotterraneo. Era utilizzato sia per dissetare la popolazione, sia che per l’irrigazione (numerose vasche di contenimento sono ancora visibili nella zona); le bocche di Respirazione, ancora oggi aperte, sono poste a circa 40 metri di distanza l’una dall’altra. L’acquedotto, unico esempio tra quelli dell’epoca ancora oggi funzionante, denota l’importanza della zona come centro abitato di età preromana.


La contrada Macchia, che comprende anche la zona detta Cese, è probabilmente parte dell’antica ‘Selva grande dell’Università’, oggetto di accese liti giudiziarie tra il Barone Gabriele De Martino e l’Università di Faicchio agli inizi del 1600. Alla confluenza del Titerno con il Volturno è possibile trovare i resti di un antico ‘incastellamento inter-amnia’ databile tra il 600 ed il 700 d.C., ricavato nel costone tufaceo e formato da torrioni in tufo e palizzate in legno. Il ‘Castellone’, circondato com’era su due lati dalle acque, costituiva un’efficace difesa per uomini e animali durante i frequenti attacchi nemici. Nelle vicinanze del ‘Castellone’ a circa 1 km. sorgeva un maestoso ponte a 6 campate, del quale restano visibili ancora alcune delle basi dei piloni lavorate a forma di barche; il ‘Ponte del Lago’, su cui passava la Via Latina, è databile al Periodo Imperiale, ed è rimasto intatto sino agli inizi del 1500. Nella contrada oggi sorge una cappellina dedicata alla Vergine Addolorata, meta di fedeli, in specie nella prima domenica di settembre.


Nelle Rationes decimarum del 1325 sono riportati i nomi di Maràlfie e Màrafie, a indicare il luogo in cui si erge un antico bastione dal perimetro quadrato. Forse Marafi, come già il torrente Titerno, segnava il confine fra i Sanniti Pentri e  Caudini, e fra le colonie Telesina e Alifana. Marafi era un feudo rustico, senza università o comune, e ivi la successione feudale ebbe seguito senza alcun legame con Faicchio. Per secoli il feudo appartenne ai Gaetani, poi passò agli ultimi intestatari fino al 1808. La Torre vecchia e la Torre nuova sono due antiche costruzioni. La Torre vecchia risale probabilmente  al periodo post-imperiale, mentre il secondo corpo è databile intorno al 400. L’insieme si presenta come un piccolo castello con ingresso unico e probabilmente con il classico fossato a garantirne l’inaccessibilità. A destra dell’antico torrione passava l’antica Via Latina che collegava Venafro a Benevento. Secondo alcuni studiosi la torre potrebbe essere identificata nel Castello di S.Vito indicato dall’Ignoto Cassinese come conquistato dal Saraceno Massar nel 845 d.C.


A circa 4km. dal centro, Massa è la contrada più popolosa del comune. In epoca sannitica, quando le genti Osche, affini ai Sabini, erano organizzate con un patto di alleanza, il territorio di Massa ne costituiva un’articolazione. Successivamente il pagus si stabilì a valle con il nome di Massa . In questo periodo, data l’importanza della Via Latina che la attraversava, Massa ebbe un grande progresso sia artigianale che commerciale. Fin dai tempi della dominazione degli Angioini ebbe una propria autonomia e un proprio catasto, come si legge dal cedolario del 1320, ma nel 1483 fu data a Diomede Carafa da Ferdinando D’Aragona e rimase nelle mani dei Carafa fino all’abolizione della feudalità. Conservò la propria autonomia fino al 1811, quando si formò la circoscrizione di Cerreto Sannita e diventò comune di San Lorenzello e Massa. Nel 1834, con Regio Decreto fu annessa a Faicchio come frazione Nel 1500 aveva due parrocchie, la chiesa di S.Pietro, sita alle falde del M.Acero, e la chiesa di S. Nicola in località Terranova, ambedue distrutte dal terremoto del 1688. L’attuale chiesa Parrocchiale di S. Nicola, è intitolata al protettore della contrada, ricostruita nel 1700 in stile barocco, presenta una navata centrale facente parte della struttura originaria, e una laterale di più recente costruzione. La venerazione al Santo Patrono,  che si festeggia il 6 dicembre e l’ultima domenica di maggio, risale intorno all’anno 1100, poco dopo che il corpo di S. Nicola fu trafugato da Mira e portato a Bari. Il Ponte di Fabio Massimo, che valica la stretta gola del fiume Titerno sulla antica via Latina, risale al III secolo a. C., e consentiva le comunicazioni tra le popolazioni primitive della Pianura Telesina con il Matese e il Monte Erbano. È largo circa un metro e mezzo, a due luci, di cui la maggiore è ad arco a tutto sesto, e costituisce la vera e propria arcata che sovrasta il letto roccioso del Titerno. I suoi piloni  poggiano su due speroni di roccia e sono costruiti in opera di perfetta struttura poligonale. La tradizione vuole che il suo nome derivi dal dittatore Romano Fabio Massimo, che percorse il territorio del paese per contrastare l’avanzata dell’esercito cartaginese di Annibale nel corso della II guerra punica. Nei pressi di una rupe sita in via Fontana, a pochi metri dal centro della frazione sgorga la Fonte Osca, un’antichissima polla d’acqua salutare, leggerissima e freschissima del popolo Osco.